La Direttiva 2024/825 ha lo scopo dunque di tutelare i consumatori dalle pratiche commerciali ingannevoli per favorire la transizione verde, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica, le cosiddette “emissioni zero”, entro il 2050.
Uno studio condotto dalla Commissione europea nel 2020 ha rilevato che il 53% delle dichiarazioni ambientali esaminate erano informazioni vaghe e fuorvianti e il 40% di tali dichiarazioni non erano supportate da evidenze scientifiche. Non c’è da meravigliarsi dunque se i consumatori ripongono una scarsa fiducia nelle dichiarazioni ambientali presenti sul mercato con notevole difficoltà quando si tratta di scegliere e acquistare un prodotto.
Dunque, dichiarazioni generiche come ad esempio “ecocompatibile”, “verde”, “amico della natura” “sostenibile”, “naturale”, “ecologico", "rispettoso dal punto di vista ambientale", "rispettoso dal punto di vista del clima", "che salvaguarda l'ambiente", "a deforestazione zero", "rispettoso in termini di emissioni di carbonio", "neutrale dal punto di vista climatico", "efficiente sotto il profilo energetico", "biodegradabile", "neutrale dal punto di vista della plastica", "privo di plastica", "a base biologica" tanto per citarne alcune, dovranno essere comprovate da evidenze scientifiche.
Nel caso in cui non sia possibile fornire prove oggettive, la UE si accinge a vietare dichiarazioni che suggeriscono che un prodotto o servizio abbia un impatto neutro, ridotto, compensato o positivo in termini di emissioni di carbonio sull'ambiente, in quanto tali dichiarazioni possono indurre in errore i consumatori facendo loro credere che il prodotto che acquistano non ha alcun impatto sull'ambiente.
La Direttiva vuole inoltre contrastare la diffusione di marchi ambientali basati sull’autocertificazione e non su un sistema di certificazioni da terzi o non stabiliti da autorità pubbliche. I consumatori non sono del tutto consapevoli della differenza tra i marchi gestiti da sistemi di certificazione di terzi e i marchi basati sulle "autocertificazioni", ovvero non soggetti a verifica da parte di terzi. La Commissione europea ha effettuato una valutazione di 232 marchi di qualità ecologica esistenti nell'UE esaminandone gli aspetti relativi alla verifica e alla certificazione, concludendo che in quasi la metà dei casi i controlli sono deboli o non eseguiti.
Infine, anche le imprese che compiono lo sforzo di aderire a sistemi di etichettatura ambientale affidabili si trovano attualmente svantaggiate rispetto a quelle che utilizzano marchi ambientali inattendibili, sfruttando il fatto che il consumatore il più delle volte non è in grado di distinguerli. Le imprese che offrono quindi prodotti realmente sostenibili sono svantaggiate rispetto a quelle che non lo fanno e rischiano persino d'incorrere in costi di conformità elevati.
Ecco dunque che la Direttiva 2024/825 va a rafforzare le condizioni di corretta concorrenza tra le imprese, limita la proliferazione di marchi e asserzioni ambientali ingannevoli e permette ai consumatori di essere parte attiva del cambiamento verso un’economia circolare.