Non occorre certamente ricorrere agli aforismi di Ippocrate, secondo i quali “una malattia in cui il sonno nuoce, è mortale, perché sia evidente oltre ogni ragionevole dubbio che l’insonnia destabilizzi la salute del corpo e sia incompatibile con la condizione di benessere. La relazione che intercorre tra ansia e insonnia e tra depressione e insonnia è bidirezionale: l’insonnia è un sintomo comune sia ai disturbi dell’umore, sia ai disturbi d’ansia, e rimane spesso un sintomo residuo in seguito a remissione. Numerosi studi hanno evidenziato che quasi l’80% dei pazienti affetti da disturbi depressivi lamentava insonnia; valore che è arrivato quasi al 90% per i pazienti con ansia in comorbilità. D’altra parte si è evidenziato come individui con insonnia al basale hanno probabilità 3,5 volte maggiori di insorgenza di depressione e 2,3 volte maggiori di insorgenza di ansia rispetto ai soggetti che non presentano insonnia al basale.
Un comune modello cognitivo dell'ansia suggerisce che quando l'individuo ansioso percepisce un sintomo come l'insonnia, mostra un'apprensione che conduce ad un'eccessiva fissazione sul sintomo stesso, percepito come una minaccia. È probabile che a lungo andare il sintomo venga interpretato come patologico, aumentando a sua volta l'apprensione e creando un circolo vizioso, che può portare realmente a cronicizzazione dell'insonnia e a disturbi di tipo ossessivo e ipocondriaco. Recentemente infine è stato dimostrato che l’insonnia e gli incubi aumentano significativamente il rischio di pianificazione, tentativi e di suicidio stesso.
Le evidenze di cui disponiamo sono quindi sufficienti per ipotizzare che spesso l’insonnia precede e facilita la comparsa di fenomeni psicopatologici d’ansia e dell’umore, svolgendo un ruolo di perturbazione, o più semplicemente di segnalazione di un processo comune, che si esprime sul versante neurovegetativo e somatico con la frammentazione del sonno e la perdita del suo ruolo ristoratore, e su quello psichico con l’esperienza ansiosa o depressiva.