I ritmi biologici si classificano in base al periodo temporale in cui si ripetono: i ritmi che hanno un intero ciclo nel periodo di 24 ore si definiscono circadiani, quelli con un periodo inferiore o superiore rispettivamente infradiani e ultradiani.
La “centralina di comando” del sistema circadiano endogeno (posta nell'ipotalamo anteriore) serve proprio a fissare i confini temporali della veglia e del sonno nel ciclo delle 24 ore: è un vero orologio biologico che potenzia la veglia nella fase del ciclo diurno, e facilita il sonno nella fase opposta. Oltre all'elevata propensione al sonno che si determina durante la notte (cancello primario), c'è un'altra fase del giorno favorevole all'addormentamento che si colloca nelle prime ore pomeridiane (cancello secondario). Al contrario, le ore meno adatte per il sonno (zone proibite) sono quelle della tarda mattinata e le prime ore serali.
Pertanto, lungo l'arco della giornata, cancelli che si aprono e si chiudono scandiscono il tempo della veglia e del sonno.
A parità di ore dormite, il sonno è più riposante se si colloca tra le 22 e le 6 del mattino, piuttosto che tra le 6 e le 14; per quanto riguarda la propensione al sonno tra le 14 e le 16, si tratta di un fenomeno fisiologico che è accentuato, ma non determinato, da una serie di fattori contingenti (deprivazione di sonno, pasto abbondante, ingestione di alcool, etc.).
Avere voglia di dormire nel primo pomeriggio è una sensazione naturale, anche se a volte può essere responsabile di veri e propri micro-sonni che possono interferire con le attività svolte. Se la sonnolenza pomeridiana viene assecondata da un pisolino, questo in ogni caso non dovrebbe mai protrarsi oltre i 15-20 minuti, per non andare a discapito del sonno notturno.
La durata media del sonno notturno nell’adulto è di 7 ore e 45 minuti, ma con ampie differenze interpersonali.
Ci sono infatti i “lunghi dormitori”, che hanno bisogno di almeno 9-10 ore per un sonno ristoratore, e i “brevi dormitori” ai quali bastano 4-5 ore; ci sono le “allodole”, che hanno tendenza ad addormentarsi e a svegliarsi presto, e i “gufi”, che hanno tendenza invece ad addormentarsi e a svegliarsi tardi.
Il sonno, inoltre, varia in funzione dell’età: nella prima infanzia, l’individuo dorme per lunghi tratti della giornata, ma in vari episodi inframmezzati da periodi di veglia; con la maturazione si accorcia la durata complessiva del sonno, che assume una organizzazione monofasica, concentrandosi in un unico episodio notturno; gli anziani tendono a riprendere un profilo del sonno polifasico.